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«Abbiamo salutato con grande favore, qualche giorno fa, le “porte aperte” alla città dello stabilimento Eni di Taranto: un’iniziativa che si ripeterà anche a giugno e luglio prossimi consentendo ai cittadini di fruire di informazioni utili e soprattutto di “toccare con mano” i processi di raffinazione del petrolio, le tecnologie e gli strumenti più innovativi applicati a tali processi, che vanno indubbiamente nella direzione da tutti auspicata: il rispetto della sicurezza, della salute e dell’ambiente, diritti inalienabili e soprattutto – come più volte lo stesso management sottolinea – non “alternativi”.» Lo ha dichiarato il presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo

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«Perché rilanciare, a distanza di giorni, l’iniziativa in oggetto? La domanda – prosegue il presidente della associazione datoriale ionica – è quasi retorica, perché a Taranto un percorso di questo genere non può e non deve passare veloce e quasi inosservato, esattamente nella stessa misura in cui un’emergenza ambientale, o presunta tale, (pensiamo alle cosiddette emissioni odorigene, o alle emissioni di fumi e vapori) non va sottaciuta o dimenticata, e ne vanno invece stabiliti cause ed effetti.

Ciò che il management Eni, nel rispetto dei suoi standard e dei suoi valori associativi (il cui imprinting è nel nome di Enrico Mattei, il fondatore) sta portando avanti oramai da tempo è infatti un’operazione di ascolto delle istanze del territorio e, anche in base a queste, di traduzione di questi bisogni attraverso sempre maggiori attenzioni e conseguente applicazione di migliori tecnologie. Lo ha fatto con le già citate emissioni odorigene, lo sta facendo adottando tecnologie che vanno anche oltre quanto previsto dagli standard di legge (in senso migliorativo) in modo da abbattere progressivamente le emissioni di CO2.

Tutto questo è documentabile, riscontrabile e soprattutto insito a chiare lettere nella mission che Eni ha deciso di portare avanti a Taranto come in altri territori, nel rispetto delle comunità che ospitano gli stabilimenti, così come recita, da sempre, la policy del Gruppo.
Sottolineare queste best practices è un diritto/dovere dell’azienda ma è anche un’esigenza che, come Confindustria, sentiamo di dover esprimere rispetto alla sempre più diffusa tendenza, di questa come di altre realtà imprenditoriali presenti sul territorio, di far viaggiare assieme due concetti speculari e soprattutto compatibili, ovvero lavoro e ambiente, sicurezza e occupazione.

Si tratta di un percorso graduale ma giudicato oramai dai più necessario, anche perché diventa sempre più evidente come la sostenibilità aziendale intesa anche come vantaggio competitivo non sia più da considerare un mero esercizio dialettico ma fondi invece le sue motivazioni su esempi reali e tangibili, portando all’adozione di best practices che vanno dalla produzione di energia da fondi alternative, al recupero di scarti di produzione in un’ottica di economia circolare, fino all’ottimizzazione della logistica e naturalmente all’innovazione di processo e di prodotto.

In una comunità come la nostra, messa fortemente alla prova da situazioni difficili e complesse che hanno caratterizzato la nostra storia industriale, con gli effetti che ben conosciamo, sottolineare quanto siano importanti alcuni percorsi virtuosi, come quello della nostra raffineria, diventa, prima ancora che la promozione di un buon risultato, quasi un dovere morale, un passaggio obbligato nella stessa ottica di esigenza di dialogo che ogni azienda, ancor di più se presumibilmente “impattante”, piccola o grande che sia, dovrebbe intraprendere con il territorio.

Il nostro auspicio è, conclude Cesareo, che quello che è stato finora solo un criterio dettato da situazioni contingenti possa diventare una buona prassi, da mantenere costante nel tempo, nel rispetto della comunità ma anche dello stesso concetto di fabbrica, quale creatrice di ricchezza e di benessere per il territorio in cui opera

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