«L’istituto Musicale “Paisiello” è in gravi difficoltà finanziarie con il corpo docenti in mobilità sospesa e i corsi a rischio di slittamento o, addirittura, soppressione.» A lanciare l’ennesimo allarme sul futuro della storica istituzione scolastica tarantina è l’assessore regionale allo Sviluppo Economico Mino Borraccino.
«Ciò è dovuto – spiega Borraccino – alla sospensione dei trasferimenti che, da parte della Provincia di Taranto, sono bloccati dal gennaio 2017. Fino ad oggi le uniche risorse sulle quali si sono rette le sorti dell’Istituto musicale tarantino sono pervenute dal MIUR per effetto di Decreti ministeriali emanati in conseguenza della Legge n.96/2017 e della finanziaria 2018. Tuttavia la Legge 96 e la Legge Finanziaria 2018 prevedevano l’adozione di Decreti attuativi che avrebbero dovuto individuare il percorso di statizzazione, ma da allora il Governo non ha dato seguito a quanto definito nella Legge dello Stato, lasciando il Paisiello in gravi difficoltà.
Le risorse di cassa sono davvero esigue e l’Istituto rischia definitivamente di chiudere. Questa sarebbe una sciagura per la città di Taranto e per tutta l’area jonica che perderebbe un grande punto di riferimento culturale ed artistico, costringendo i giovani talenti musicali del territorio ad emigrare presso altre aree del Paese o a rinunciare al loro percorso di studi, oltre che causare la cancellazione di posti di lavoro per docenti e personale che oggi si trovano già con le buste paga a rischio.
A questo punto credo che il Governo debba inderogabilmente intervenire per definire con urgenza il trasferimento di risorse ed il percorso di statalizzazione dell’Istituto così come previsto dalla Legge n. 96/2017 e dalla Finanziaria del 2018. Mi risulta che il Consiglio di Amministrazione abbia già scritto, a febbraio 2019, al Ministero della Pubblica Istruzione per riferire in maniera esaustiva sulla grave situazione sopra descritta. Il Governo faccia quello che è dovuto per la statalizzazione dell’Istituto Paisiello.
Non vorrei – conclude Borraccino – che, dopo i proclami, qualcuno pensasse che il Paese possa vivere di propaganda e di retorica.»